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Gli alfabeti usati per le tavole

Non sarà inutile ricordare che lingua e alfabeto sono due realtà profondamente diverse e non sovrapponibili, anche se nella nostra abitudine le singole tradizioni grafiche ci appaiono profondamente legate alle singole lingue che le usano. Ma, come ci sono numerosissime lingue che oggi si scrivono con quell'alfabeto che fu messo a punto per il latino, e che quindi si chiama "alfabeto latino", così in passato molte lingue furono scritte utilizzando un alfabeto che era stato messo a punto per la lingua etrusca, e che quindi dobbiamo chiamare "alfabeto etrusco". E, come è accaduto quando l'alfabeto latino è stato applicato a lingue ben diverse, come il tedesco l'inglese o il polacco (per fare degli esempi), così quando l'alfabeto etrusco fu applicato a lingue diverse dall'etrusco dovette subire degli adattamenti, allo scopo di rendere possibile la trascrizione dei valori fonologici particolari della lingua per la quale veniva impiegato. Questo, appunto, è avvenuto anche per l'umbro, che inizialmente fu scritto con l'alfabeto etrusco adattato. Ed ecco come questo alfabeto risulta impiegato per la lingua umbra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sicuramente le prime cinque tavole furono redatte da persone che avevano imparato a scrivere nelle scuole etrusche di ambiente perugino-cortonese, e ciò tra il III e il II sec.a.C. Ma verso la fine del II sec.a.C. stava diventando sempre più frequente il caso di persone che avevano frequentato scuole di scrittura latina, e sempre meno etrusca: ecco che sulla faccia B della V tavola il breve testo integrativo che fu aggiunto (quasi a riempire lo spazio restante dopo aver completato la stesura della normativa interna che regolamentava i compensi e le multe), fu redatto da un nuovo redattore che usava l'alfabeto latino. E questo stesso alfabeto fu impiegato per i lunghi testi della ultime tavole, redatte nella prima metà del I secolo a.C. Dal quadro che segue appaiono evidenti gli adattamenti apportati all'alfabeto latino, che tra l'altro ignorava le palatali presenti invece in umbro, e conosceve solo cinque timbri vocalici, diversamente dall'umbro che ne conosceva sette (come l'italiano).

 


Quando furono redatte le prime tavole su bronzo, da tempo la tradizione orale doveva essere stata affiancata dall'uso della scrittura, che si era diffusa in Italia fin dall'VIII sec.a.C. Ma anche se ne fecero uso, non sembra che gli Umbri abbiano praticato particolarmente volentieri la scrittura: anzi, è probabile che secondo loro l'idea di consegnare alla scrittura le conoscenze religiose e favorire la diffusione della pratica dello scrivere (e del leggere) poteva esporre alla destabilizzazione sociale, in quanto poteva portare alla perdita dell'egemonia da parte di chi tradizionalmente monopolizzava queste conoscenze.
Infatti il complesso testuale delle tavole lascia intendere che il potere sociale si fondasse in buona misura sul controllo della ritualità e del rapporto con il divino, cioè delle cerimonie religiose da cui dipendeva il benessere della comunità. Controllare la pratica religiosa, però, implicava custodire la parola sacra, le formule rituali della preghiera e la procedura del cerimoniale.  Con queste premesse, gli officianti umbri non avrebbero mai dovuto scrivere nulla a proposito di quei riti. Se lo fecero, invece, è perché un timore più forte li spingeva a fissare l'apparato rituale e ad impedirne ogni pur minima modificazione.
Ecco perché, costretti a scrivere i loro testi sacri, lo fecero affidandoli all'alfabeto in uso al momento della trascrizione.