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Il Paleoumbro

Nella lingua delle Tavole di Gubbio, l’umbro "storico", si riconosce la combinazione di due strati linguistici, uno più antico, il paleoumbro, ed uno più recente e dominante, il safino, che è detto, tradizionalmente oscoumbro, in quanto  diffuso anche all’osco e al piceno, oltre che all'umbro.

È importante tener presente il fatto che la stessa lingua delle Tavole di Gubbio è sostanzialmente di tipo safino, benché, per un facile motivo geografico, la si chiami "umbro".
 
All’analisi dell’indeuropeista i nomi dei corsi d’acqua italiani (cioè le voci più conservative in assoluto di ogni territorio) presentano le caratteristiche di una lingua indeuropea unitaria e diversa sia dal latino che dall’oscoumbro, sia dal celtico che dal germanico. È una lingua che era diffusa in tutta l'Italia prima delle altre lingue indeuropee e non indeuropee, quelle che si diffusero nel primo millennio a.C.: era insediata in Italia in età più antica delle lingue storiche perché queste trovarono i nomi dei corsi d'acqua già fissati.
 
 
Chiamiamo questa lingua indeuropea dell'età del bronzo paleoumbro, solo perché non si può evitare di ricordare l’informazione degli storici antichi, greci e romani, secondo i quali al tempo della guerra di Troia l’Italia era abitata dagli Umbri (in greco Ombrikòi), definita da Plinio “la più antica popolazione dell’Italia” (gens antiquissima Italiae).
 
Se il complesso di corrispondenze sinora rilevato è accolto, diviene evidente che si è di fronte ad una lingua indeuropea dai caratteri peculiari, ben distinti da quelli del latino, da una parte, e da quelli del safino (= oscoumbro) dall’altra.
Il paleoumbro sembra caratterizzato in particolare da un esito a della ŏ breve indeuropea, dalla vocalizzazione con a delle sonanti indeuropee, dalla monottongazione dei dittonghi, dalla caduta di j- iniziale, dalla spirantizzazione di w indeuropeo, dall’esito in occlusive sonore delle Mediae Aspiratae indeuropee, da una tendenza ad assordire le occlusive sonore in prossimità di liquide, nasali (e in parte di altre occlusive sonore), dalla presenza di una fricativa bilabiale sorda (o sonora?), dall’esito in velare delle labiovelari indeuropee, dal trattamento in –st- delle doppie dentali indeuropee (tt), dalla caduta di s anteconsonantico iniziale di parola, dall’esito φ (fricativa bilabiale sorda) del gruppo –sw- interno, dall’esito in sibilante s  del gruppo tj indeuropeo, dalla palatalizzazione della sequenza dj > ğ ecc.