I prestiti linguistici
Grande è il debito culturale che Roma ha maturato nei confronti di quel mondo umbro-safino che nella tradizione classica è simboleggiato dalla figura del re sabino Numa Pompilio.Si sono infatti rivelate di importazione umbro-sabina notevoli voci romane del settore della viabilità (come via), della terminologia giuridica (come arbiter, auctoritas, stipula), della teologia e del culto (come Cerere, pontifex, pius), dell’ideologia sociale (come vir, familia, curia), dell’organizzazione militare (come centuria, hastatus, cinctus, fundere).
Ma non sono solo le voci che il safino ha prestato al latino ad avere avuto un seguito nella storia culturale della penisola (e spesso dell’Europa intera): ancora oggi usiamo parole che sono attestate per la prima volta nelle Tavole di Gubbio:
· nomi come via, arbitro, autorità, pontefice, pio, famiglia, soglia, tetto, aia, vaso, cibo, vino, carne, scapola, picchio, vitello, capro, ecc.
· verbi come stipulare, tacere, portare, curare, ecc.
· aggettivi come saldo, salvo, sacro, scritto, ecc.
Altre parole non sono attestate dalle tavole di Gubbio, ma sono di origine umbra pre-latina, anche se poi sono state diffuse grazie al latino colloquiale come: casa, mattone, gronda, tartufo, fungo, cereale, pontefice, pio, asta, cinto, mosto, cisterna.
Il tettom della casa italica (modellino)