Religiosità dei teologi e religiosità popolare
La religiosità dei teologi delle Tavole ai nostri occhi si presenta come un panteismo naturalistico, in cui il divino è concepito in termini non antropomorfi e si identifica con il ciclo della natura. Ma in diversi momenti sembra affacciarsi un più evoluto "panteismo spiritualistico“, secondo cui il divino è concepito come lo spirito operante nel mondo, anche attraverso le azioni dell’uomo e il “potere della parola”. Le divinità iguvine sono infatti lo sviluppo più avanzato della idea di “funzione divina”, già presente nel sistema ideologico indeuropeo.
Si deve però tener conto che la religiosità che si esprime nelle tavole è quella dei teologi della Confraternita: questa appare ben diversa da quella religiosità popolare umbra che ha lasciato come sua traccia più vistosa i numerosi “bronzetti italici” rinvenuti dagli archeologi: immagini di dèi rozzamente antropomorfe deposte in terreno consacrato, insieme a vari tipi di ex-voto, rappresentanti parti del corpo umano o animali.
Va anche tenuto presente che i resti rinvenuti nei depositi votivi pertengono quasi esclusivamente a forme di ritualità privata, mentre i testi delle Tavole descrivono riti pubblici.